domenica 25 ottobre 2015

Il legato di uso e abitazione della casa familiare spetta alla moglie del cuius anche quando si applicano le regole della successione legittima

Riferimento: Bello, Zucchiatti c. Bello, Cass. S.U. Civili, 4847/2013

Il caso: si tratta di un procedimento di divisione ereditaria, avviato dalla figlia e dalla moglie del de cuius, nei confronti dell’altro figlio di quest’ultimo. In data 13.4.05 il Tribunale di Venezia statuiva con sentenza la divisione dei beni, assegnando, in particolare, alla moglie il 50% della proprietà della casa familiare in cui essa aveva vissuto assieme al defunto marito. Nel fare ciò, il Tribunale motivava sostenendo che nel caso di specie si applicavano le regole della successione legittima, di cui agli artt. 581-582, in quanto non vi era un testamento, sicché non potevano nemmeno applicarsi le norme sui legittimari, fra le quali rientra quella che assegna automaticamente, in legato, l’uso e l’abitazione della casa familiare al coniuge del defunto (art. 540 co. 2 c.c.).

In appello, la Corte di Venezia modificava parzialmente la decisione, assegnando alla moglie il 100% della proprietà della casa familiare, ma negandole nuovamente il legato di uso ed abitazione della stessa, dato che nel caso di specie si applicavano le norme della successione legittima. Tale decisione veniva a sua volta impugnata dalle attrici. La moglie, in particolare, chiedeva alla Cassazione che la casa familiare fosse assegnata alla stessa come un prelegato.

La II sezione civile della Corte di Cassazione rimetteva quindi la causa alle Sezioni Unite, affinché stabilissero se l’attribuzione della casa familiare fosse da conferire alla moglie come prelegato ovvero come legato in conto di legittima.

Vuoto normativo: in presenza di una successione testamentaria, la legge stabilisce che alla moglie del de cuius sia conferita, in legato ex lege, la casa familiare. La legge nulla dice invece nell’ipotesi in cui non vi sia un testamento e si debbano applicare, pertanto, le regole della successione legittima. L’art. 540 co. 2 c.c., che attribuisce il suddetto legato alla moglie, si trova infatti tra le disposizioni (artt. 536 – 564) che tutelano i legittimari, ossia quegli stretti congiunti cui la legge garantisce delle quote minime, nel caso in cui il testamento conferisca troppi beni ad altri soggetti.

Analisi della decisione: le S.U. hanno dato ragione alla richiesta della moglie. La decisione si sviluppa in due passaggi:

1) anzitutto, la Corte ha stabilito che l’attribuzione della casa familiare  alla moglie, come legato ex lege, vale anche nell’ipotesi in cui ricorra una successione ab intestato, ossia priva di testamento. Nonostante l’art. 540 co. 2 c.c. rientri tra le disposizione riguardanti i legittimari, infatti, la Corte ha ricordato che il legato in esso previsto era inserito nella legge n. 151/1975, la quale si prefiggeva di realizzare – in diversi settori del diritto – la parità dei diritti tra uomo e donna e la tutela di quest’ultima attraverso attribuzioni ulteriori rispetto a quelle previste dall’originario assetto codicistico del 1942. Essendo questa la logica della legge, la disposizione sul legato deve pertanto applicarsi anche al caso che la legge stessa non copre formalmente, ossia l’ipotesi in cui si applichino le norme della successione legittima. Del resto, ricordano le S.U., lo stesso art. 553 c.c. coordina le norme sulle quote dei legittimari con quelle spettanti in base alla successione legittima, stabilendo che i soggetti che rientrerebbero tra i legittimari (se vi fosse successione testamentaria) possono comunque chiedere sia loro attribuita la quota dei legittimari (che conta anche le donazioni ricevute), se per tale via riescono ad ottenere di più. Ciò consente quindi, a maggior ragione, di estendere al coniuge, in regime di successione legittima, anche il legato di uso e abitazione della casa familiare, ex art. 540 co. 2 c.c.

2) a questo punto, la Corte entra nel vivo del quesito di diritto ad essa rivolto, arrivando a dire che il legato ex lege va considerato come prelegato e non come legato in conto di quota (cioè un bene da contare nella quota ricevuta). A sostegno di questa conclusione sta ancora una volta la ratio che sottende alla legge che ha introdotto tale attribuzione successoria, ossia l’esigenza di ampliare le forme di tutela ed i diritti spettanti alla moglie, rispetto a quanto previsto dalle originarie disposizioni codicistiche. Se infatti non si intendesse tale legato come prelegato, ma come legato in conto di quota, non vi sarebbe (concretamente) alcuna ulteriore attribuzione rispetto a quelle previste dal codice civile. Il testo del codice, infatti, già di suo consente ai legittimari di ottenere la reintegrazione della quota ad essi spettante, anche nell’ipotesi di successione legittima (art. 553 c.c., sopraccitato). Se la casa familiare fosse da intendere come legato in conto di quota, la legge del 1975 non darebbe quindi al coniuge più di quanto da esso già conseguibile, ma “garantirebbe” soltanto che nella quota di eredità ad esso spettante debba rientrare in ogni caso la casa familiare. Una soluzione così minima però contrasterebbe, per l’appunto, con la ratio della legge del 1975.

Considerazioni: la soluzione del collegio deve essere condivisa. Quello che tuttavia la Corte omette, forse, di dire, è che per estendere il legato di uso e abitazione della casa familiare anche all’ipotesi di successione legittima, considerandolo altresì come prelegato, occorre operare in realtà un giudizio di bilanciamento dei valori. Applicare questa legge ad un caso formalmente non previsto implica, infatti, che i soggetti in gioco siano, per ordine di importanza, nella stessa situazione rispetto al caso disciplinato dalla legge. L’art. 540 co. 2 c.c. prevede, in sostanza, la prevalenza del diritto della moglie sul diritto degli eredi testamentari (istituiti dal de cuius). Su questo la legge è chiara: lo stesso comma 2 citato prevede anzi che il legato sia ricavato dalla quota spettante agli eredi testamentari (mentre solo nel caso in cui questa quota sia insufficiente, il diritto va considerato come legato in conto di legittima, riducendo la quota spettante alla moglie). La legge, nei casi che disciplina, è insomma incontrovertibile, e non può essere “rigirata” in altro modo, nemmeno considerando che, oramai, la quota di legittima è un residuo di un mondo sociale bloccato, in cui i patrimoni rimanevano all’interno della stessa famiglia e quindi, sarebbe forse il caso che il diritto alla casa familiare venisse ricavato dalla quota spettante al coniuge. Se il punto di partenza è insomma questo, e se quindi il legato di uso e abitazione della casa familiare contrae senza dubbio il diritto spettante agli eredi testamentari a tutto vantaggio della moglie, a maggior ragione, allora, ciò deve valere nell’ipotesi in cui la moglie concorra con eredi non istituiti dal de cuius, ma semplicemente indicati dal legislatore, quindi meno “importanti” in quanto non espressione della volontà testamentaria.